Insieme a Francesco Ferreri, antropologo e sex coach di Mica Macho, indaghiamo sulla necessità di ripensare il maschile.

Tra mascolinità tossica, femminismo intersezionale e ruoli di genere, ci siamo interrogatə sul modello di “maschile” proposto dalla società e del suo ruolo. Abbiamo fatto qualche domanda a Francesco Ferreri, antropologo e sex coach di Mica Macho. Un punto di vista fondamentale che ci tiene a ripensare la maschilità machista, discutendone apertamente e lasciando la possibilità di parlarne a chi il maschile lo vive e l’ha vissuto.
1. È un piacere avervi qui con noi! Per chi non vi conosce, raccontateci un po’ di voi: chi siete e cosa fate?
Mica Macho è un’associazione composta da tante soggettività tutte diverse che ha come compito quello di interrogarsi sul modello di maschile proposto dalla società e sugli effetti che ha sulle persone, partendo proprio dagli uomini.
Per due anni abbiamo raccolto testimonianze e ragionato su tutte quelle contraddizioni culturali legate al genere che ci colpivano giorno per giorno (i cosiddetti “cortocircuiti”) e abbiamo organizzato diversi laboratori online per ragionare con la nostra community di Instagram sul maschile e non solo. Con la fine dei vari lockdown ci siamo spinti anche oltre ai social network, organizzando e partecipando a vari eventi sempre con l’obiettivo di ripensare al maschile insieme.
2. Cosa vuol dire “ripensare il maschile”? Perché è importante farlo e mettersi in discussione?
Non è un mistero che il dibatto sui vari ruoli di genere sia piuttosto acceso, soprattutto negli ultimi anni. Ma di maschile non si parla tanto: uomini che parlano di maschile sono pochi e uomini, etero, cisgender che parlano di maschile sono pochissimi. Per raggiungere una vera parità di genere è necessario ripensare a tutti i generi, anche il maschile, ed è necessario che chi vive in prima persona questo genere si metta in discussione.
Sviluppare un pensiero critico su queste tematiche ci permette di assumere il controllo su una narrazione (quella del maschile, o di qualsiasi altro genere) troppo generica e che non può definire ogni individuo. Queste categorie non sono prescrittive e ripensarle criticamente ci permette di vivere liberamente la nostra identità.
3. Ha senso per voi nel 2022 parlare di femminilità e mascolinità come due concetti contrapposti?
Come abbiamo detto prima, maschile e femminile (e ogni altro genere) non sono categorie prescrittive, ciò significa che non possono decidere loro per noi che cosa sia “giusto” o “sbagliato” per il nostro genere. Se pensassimo al femminile e al maschile come concetti contrapposti significherebbe, non solo pensare che questi due generi siano necessariamente diversi l’uno dall’altro, ma che siano anche opposti.
Dato che sappiamo che i generi li possiamo raccontare come vogliamo noi, e che culturalmente ciò che è “da uomo” e “da donna” continua a cambiare contraddicendosi nel tempo costantemente, non possiamo certo affermare che siano concetti contrapposti; anzi, possiamo anche aggiungere che non dovremmo nemmeno considerarli come due estremi, ma come due possibilità all’interno di uno spettro ancora più ampio.
4. Quando si parla di mascolinità tossica cosa s’intende?
“Ripensare” il maschile, ma non solo lui, significa ragionare sul tipo di narrazione che la nostra società racconta e ci propone del genere. Se pensiamo alla mascolinità infatti sappiamo benissimo a cosa facciamo riferimento perché è un immaginario estremamente chiaro nella nostra società: forza, coraggio/fermezza, intraprendenza, potere, protezione. Questo modello di maschile è un tipo di narrazione che rimane sempre valido fino a quando non viene esasperato, finché non diventa “tossico”.
Questo termine infatti viene utilizzato proprio per indicare quando la mascolinità diventa nociva, sia per il soggetto che la mette in atto, sia per chi gli sta attorno. Ciò avviene quando la forza diventa prevaricazione, quando coraggio/fermezza diventa incapacità di provare emozioni, quando intraprendenza diventa superbia e quando protezione diventa controllo. Questo succede proprio quando questa categoria di genere diventa prescrittiva, imponendoci un modo di essere diverso dal nostro, o quando viene esasperato per la paura di perdere questo privilegio.
5. La mascolinità tossica quanto influisce sulla propria libertà di espressione personale, sessuale e con gli altri?
Dipende da quanto ci condiziona, i “sintomi” non sono uguali per chiunque. È sicuramente vero però che una maschilità esasperata può influenzare negativamente tutti gli aspetti della nostra vita. Se si vive la maschilità (così come qualsiasi altro genere) come una rigida performance da seguire, quindi come una categoria prescrittiva, significa che esisterà solo un unico modo di viversi gli affetti, che solo alcuni sport o hobby saranno accettabili e che alcune pratiche sessuali saranno “giuste” e altre “sbagliate”. Ma perché non dovremmo essere noi a decidere cosa ci fa stare bene?
6. Sposare la causa femminista intersezionale può alleggerire e/o portare ad un’emancipazione anche sessuale per gli uomini?
Il femminismo intersezionale ha proprio lo scopo di far dialogare e confrontare tutte le soggettività, in nome di una parità quanto più inclusiva possibile e necessaria per liberare chiunque. Il femminismo non serve soltanto alle donne: ripensare ai generi è necessario per sviluppare un pensiero critico che ci aiuti a ricordare costantemente che queste non sono categorie prescrittive e che se parliamo di genere è un discorso che coinvolge ogni tipo di soggettività, senza esclusioni. Quindi anche gli uomini. Sì, tutti gli uomini.
7. L’uomo, visto come eterosessuale, dominante, attivo e virile, spesso è associato alla tossicità di cui parlavamo prima. C’è ancora tanto stigma quando si parla di sesso, anche fra uomini: esiste una “mascolinità erotica”?
L’uomo eterosessuale, dominante, attivo e virile non è per forza un maschio tossico. Una grande colpa che viene mossa al femminismo, o agli studi di genere, è quella di voler annientare i generi così come sono conosciuti; ma non è affatto vero. Esistono tanti modi per viversi il proprio genere e sono tutti validi, l’importante è che siano costruiti nel rispetto della propria persona e altrui. Il problema infatti si presenta quando abbiamo un unico modello di maschilità da seguire e questo lo possiamo notare anche nella sessualità.
Tutte quelle pratiche sessuali che tipicamente si identificano con un ruolo “passivo” sono sempre demonizzate secondo una narrazione tossica del maschile. Non esistono pratiche “da donne” e non esistono pratiche “da uomo”. Lo stesso concetto di dominante e dominato all’interno del sesso dovrebbe essere rivisto completamente; possono sempre esistere questi ruoli se vogliamo all’interno di pratiche sessuali, ma solo attraverso un previo accordo consensuale.
8. Uomini e sex toys: esiste una competitività tra i due? Soprattutto nella coppia eterosessuale?
A volte capita. Tutta la narrazione che abbiamo sul sesso (e non solo quella) gira attorno al pene: o con lui o niente. È stato detto che un rapporto è “completo” solo quando è di tipo penetrativo; il sesso orale sul pene lo possiamo nominare in mille modi diversi, ma lo stesso non vale per quello sulla vulva; ci è anche stato insegnato che il pene viene sempre alla fine di un rapporto, mentre una vulva mai o comunque è “un mistero”. In realtà con un po’ di studio o anche solo con il confronto con partner, possiamo facilmente capire che non sempre gira tutto attorno al pene.
Decentrare il pene dalla nostra sessualità, con o senza sex toy, ci permette di allentare anche le incredibili aspettative che sempre coinvolgono il pene, questo porterebbe a meno ansia, quindi a (eventuali) meno intoppi e una prestazione più piacevole.
9. Avete qualche consiglio per tutti quegli uomini che vorrebbero avvicinarsi ai sex toys?
Quando pensiamo ai sex toys ci vengono sempre in mente le solite cose: un vibratore, lo strap-on e al massimo un anello ritardante. La realtà è molto più ampia di così ed è un mercato in continua crescita. I sex toys ci possono accompagnare nell’esplorazione della nostra sessualità e del nostro piacere, anche individuale (sì ci sono prodotti di questo tipo anche per pene), ma non è necessario e non c’è un modo giusto per farlo. Il bello di un gioco è che è tale solo quando è libero. Se siete alle prime armi, non strafate, partite da qualcosa di semplice e che si adatti ai vostri gusti, per il resto, divertitevi!
Ci hanno abituatə ad un mondo che viaggia su due binari, ma è necessario mettere in discussione tutti quei concetti che ci sono stati dati e insegnati da prima ancora che nascessimo. Fare questo ci permette sia di allontanarci da tutte le tossicità, dalla mascolinità tossica a qualsiasi altro genere, sia di poter vivere al meglio i piaceri, i desideri e la sessualità!