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Cercasi approvazione disperatamente: il lato oscuro dei complimenti

L’1 marzo è la Giornata Mondiale del Complimento. Ma è davvero il “giorno più positivo dell’anno”? Analizziamo il lato oscuro dei complimenti.

da Aurelie | 27 Febbraio 2022
Dipinto di una persona seduta a un tavolo
Pierre Boncompain

A tutt* piacciono i complimenti; ci piace farli quanto ci piace riceverli. Dietro a commenti e parole a cui diamo un valore positivo, si nascondono però dinamiche psicologiche e sociali di cui l’impatto potrebbe rivelarsi tutt’altro che positivo. Sopratutto quando il genere entra in gioco.

Cerchiamo tutt* approvazione.

Motivo #1: Gli ormoni.

Indipendentemente dal nostro genere o statuto sociale, siamo tutt* condizionat* a cercare approvazione. Oltre alle nostre dinamiche individuali e caratteristiche personali, sono gli ormoni a deciderne. Studi hanno svelato come i complimenti causano il rilascio di dopamina, la stessa ormone “felice” che ci da quel senso di benessere quando ci innamoriamo o meditiamo. Questo benessere istantaneo ha una durata di vita molto breve però e così diventiamo sempre più sensibil* al feedback positivo, fino a sviluppare una vera e propria dipendenza dai complimenti

Motivo #2: Le dinamiche sociali.

Definita come la ricerca di segnali positivi dall* altr*, la approval motivation (ricerca d’approvazione) è al centro di numerose interazioni sociali, a più forte ragione in un mondo che si svolge in gran parte attraverso i social media. Questo condizionamento significa che il nostro valore dipende dal valore che ci danno l* altr*, che sviluppiamo una consapevolezza acuta dell’opinione esterna e una paura del giudizio. Una conseguenza di questa paura è un maggiore conformarsi a un modello sociale e a normative culturali nella speranza di non farsi notare e di non “dispiacere”.

I complimenti impattano le donne diversamente. 

Tutt* cercano approvazione ma sono sopratutto le donne a essere impattate dai complimenti.

Ci ha riflettuto un’artista australiana, Elizabeth Gower, che ha scritto la frase “m’ama, non m’ama” per 21319 volte su fogli di carta giganti.

Elizabeth Gower, “he loves me, he loves me not”, 2016, RMIT Gallery. (Credit: Tobias Titz)

Come spiega l’artista, questa domanda si rivolge a “una presenza maschile rappresentata dal padre, dal fratello, dal fidanzato, dall’amante, dal figlio o da tutte le forme di divinità maschili.”

Perché le donne si trovano nella posizione di cercare l’approvazione di figure maschili?

Le donne e l’auto-oggettivazione.

È un fatto che, per una serie di motivi, le donne sono molto più oggettivate degli uomini nelle loro vite quotidiane. L’oggettivazione si riferisce al sentirsi trattat* come un semplice corpo; il valore di una persona vieni così ridotta all’utilità del suo corpo. L’oggettivazione genera quasi invariabilmente auto-oggettivazione, ovvero una percezione di sé attraverso una prospettiva esterna. Molti studi hanno confermato che l’auto-oggettivazione crea problemi di body image e ansia dell’apparenza.

Approciarsi a noi stess* e ai nostri corpi dal punto di vista dell* altr* ci rende molto più vulnerabili alla validazione esterna. È stato infatti dimostrato che più il livello di auto-oggettivazione è alto, più l’attenzione alle opinioni altrui, misurata in tempo e investimento emozionale, è sproporzionata.

L’auto-oggettivazione ha un genere, e sembra quindi inevitabile che molte donne costruiscano la loro autostima sulla base di parole esterne. Quello che pensano famiglia, amici o estranei prende il passo sulle proprie credenze e idee.

Le donne e le mentalità di minoranza.

In contesti numericamente e gerarchicamente dominati da uomini, le donne tendono a sviluppare una mentalità di minoranza, una conseguenza inevitabile della sotto-rappresentazione. Per colpa delle strutture di potere, le minoranze cercano l’approvazione della maggioranza, in maniera più o meno consapevole. Mentre ricevere feedback positivo può offrire un senso di sicurezza a breve termine, risulta più che altro in un mantenimento dello status quo.

La ricerca di approvazione ha un costo però. Mentre siamo impegnat* a performare secondo agli standard definiti della maggioranza (che potremmo chiamare patriarcato o meno), stiamo perdendo di vista l’opportunità di strutturarci in modo diverso, creando una base solidale e unita dalla quale proporre nuovi modi di detenere il potere.

I complimenti sono davvero così negativi?

Sì, i complimenti sull’apparenza hanno un impatto negativo.

Ci sono diverse tipologie di complimenti; quelli che più vanno fatti alle donne e impattano il loro benessere sono complimenti legati all’apparenza, una conseguenza diretta del valore che la società (le società occidentali sopratutto) da alla loro bellezza e capitale di seduzione. Più studi hanno dimostrato la correlazione tra desiderabilità percepita del corpo e opportunità, personali o professionali. Così i complimenti sull’apparenza diventano una ricerca quotidiana, una valuta di scambio, ma solo per le donne; agli uomini invece vengono più spesso e volentieri fatti complimenti sulla performance o le competenze.

I complimenti sull’apparenza rafforzano gli stereotipi che racchiudono le donne all’interno di ruoli di genere ben definiti. In maniera più immediata e pratica, uno studio del 2018 ha dimostrato gli effetti negativi di questa tipologia di complimenti sulla performance cognitiva. Questi complimenti sono infatti un’ennesima manifestazione di una retorica sessista leggermente nascosta dietro a “buone intenzioni”; ricercare tali complimenti significa soltanto rafforzare un po’ di più le dinamiche patriarcali che dovremmo cercare di eliminare.

Ripensare i complimenti.

Non basteranno le parole a cambiare dinamiche di potere ben radicate ma sviluppare una maggiore consapevolezza di come esprimiamo feedback positivo può diventare un vettore di cambiamento.

Non dimentichiamoci del potenziale dei complimenti a esprimere empatia e positività; i complimenti possono infatti essere una strategia sociale destinata a “creare o rafforzare la solidarietà tra chi parla e chi ascolta”. Ripensare l’uso delle parole rappresenta quindi un gesto semplice ma fondamentale. Un suggerimento per allenare l’arte del complimento consapevole? Iniziare da noi stess*.

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