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Riflessioni sullo slut shaming: quando la violenza diventa accettabile

Definita una delle forme più infime di incitamento all’odio, lo slut-shaming è normalizzato nella società misogina e ipersessualizzata di oggi.

da Giada | 20 Giugno 2022
Cecilia Grandi

Dal grido non si può più dire niente, la misoginia e l’odio diventano accettabili in una società che tende a minimizzare e a nascondersi dietro alla scusa dell’umorismo. Ma cos’è lo slut shaming e perché viene definita una forma di violenza? È bene ricordare che lo slut shaming è sempre esistito, non solo accompagnato dai doppi standard sulla sessualità, ma anche alimentato dai social e mass media mainstream di oggi. Vediamolo in breve.

Cos’è lo slut shaming?

Lo slut shaming fa parte di quei discorsi che si definiscono sessisti e può essere considerato una delle forme più tossiche e infime di incitamento all’odio. Il comune denominatore è la vergogna: ovvero farla provare a qualcunə tramite l’atto di criticarne la sessualità o l’attività sessuale (reale o presunta). In particolare giudicando i modi di apparire o di comportarsi.

I comportamenti presi di mira sono tutti quelli che, di solito, non coincidono con quelli dettati dalle convenzioni sociali o religiose. L’apparenza inoltre può essere movente di giudizio — dai vestiti che si indossano, a come si indossano, al cambiare partner frequentemente o averne più di uno e via dicendo.

Lo slut shaming nelle sue forme

Questa forma pungente di violenza è sempre esistita, non è nata con la digitalizzazione. L’intento di “rimettere al proprio posto”, minimizzare, colpevolizzare e ridicolizzare tramite lo slut shaming è sempre stato praticato. Nei processi di casi di violenza, nei congressi, da gente comune o personaggi pubblici e politici, per lo più uomini — etero cisgender.

Offline slut shaming

Lo slut shaming, insieme al victim blaming, oltre che essere sottovalutato è diventato col tempo una pratica comunicativa normalizzata, in funzione alla delegittimazione e stigmatizzazione delle donne. È sufficiente osservare la narrazione e il linguaggio utilizzati dai mass media per discutere e rappresentare le violenze sessuali. Dai titoli e articoli di giornali, ai servizi televisivi. Ogni rappresentazione, oltre ad essere esaminata come fonte primaria per la perpetuazione della cultura dello stupro, può influire sui risultati di reali processi e casi, e sulla percezione e/o opinione sociale esterna sulle violenze di genere e sessuali.

Online slut shaming

Internet è un luogo capace di facilitare gli scenari di cyberbullismo e le violenze sessuali, in particolare. Quello che contraddistingue lo slut shaming è che tramite le tecnologie digitali, il frequente uso dell’anonimato e la mancanza di conseguenze; la comunicazione istantanea e diffusa; la quasi impossibile rimozione di materiale nocivo, permette una diffusione a macchia d’olio di questo fenomeno.

Uno studio del 2018 ha riportato come anche secondo l’analisi femminista sulle violenze sessuali, queste diverrebbero una questione di potere più che di sesso: il sesso diventa l’arma e non il motivo.

Pensieri & categorie: cambiare & decostruire

Se lo slut shaming diventa una questione di potere è anche perché trae beneficio dalle sue intersezioni con altre tipologie di stigmatizzazione; ad esempio basate sull’etnia o sulla classe. Per questo motivo, quando questa forma di violenza è portata avanti da donne, su altre donne, è troppo facile affermare che sia solo un atteggiamento di oppressione interiorizzata o di competizione.

Quindi, lo slut shaming ha una lama a doppio taglio: utilizzato per negoziare tutte le differenze, non solo quelle di genere. È in grado di tracciare dei confini morali che organizzano non solo il comportamento sessuale e il sesso in generale, ma anche l’identità, l’orientamento, i desideri e le pulsioni.

Sources:

Victim blaming and slut shaming: when the victim is criminalized, not the sex offender – Aurelia V. Nemesu

Putting women back in their place. Reflections on slut-shaming, the case Asia Argento and Twitter in Italy – Francesca Dragotto

Slut-Shaming, Whorephobia, and the Unfinished Sexual Revolution by Meredith Ralston

Shame transfigured: Slut-shaming from Rome to cyberspace – Lewis Webb

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