In una cultura ossessionata dal risultato e dalla performance, non ci stiamo perdendo l’essenziale in termini di piacere?

Chi non ama gli orgasmi? Nessuno. Alcune delle donne che se ne preoccupano di più però sono proprio quelle che ne godono di meno. Viviamo in una cultura ossessionata dal risultato, dalla performance e quindi dall’orgasmo. Ma in questo modo non ci stiamo forse perdendo l’essenziale?
Il piacere sessuale è un diritto umano riconosciuto.
Cos’è la sessualità al senso delle istituzioni mondiali?
Il sesso è potere, il sesso è una valuta di scambio, e in molti modi il sesso è politico. Oltre alla sfera intima, il sesso diventa a tutti gli effetti una questione istituzionale.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità definisce la sessualità come “un aspetto centrale dell’essere umano lungo tutto l’arco della vita e comprende il sesso, le identità e i ruoli di genere, l’orientamento sessuale, l’erotismo, il piacere, l’intimità e la riproduzione. La sessualità viene sperimentata ed espressa in pensieri, fantasie, desideri, convinzioni, atteggiamenti, valori, comportamenti, pratiche, ruoli e relazioni. Sebbene la sessualità possa includere tutte queste dimensioni, non tutte sono sempre esperite o espresse. La sessualità è influenzata dall’interazione di fattori biologici, psicologici, sociali, economici, politici, etici, giuridici, storici, religiosi e spirituali.” (OMS).
Oltre alle problematiche fondamentali che sono l’orientamento, l’identità, l’integrità e il consenso, vengono introdotti ulteriori concetti, come l’erotismo o il piacere. Mentre alcune sono ancora questioni di vita e morte, altre sono questioni di qualità di vita. Ma se siamo abbastanza fortunati da poter svolgere la nostra vita sessuale con la massima libertà in un’ambito sicuro, allora i concetti periferici diventano primordiali. Infatti l’ultimo elencato tra i diritti sessuali riconosciuti dalle stessa OMS è proprio quello di “ricercare una vita sessuale soddisfacente, sicura e piacevole”.
Perché il piacere femminile è una rivoluzione in sé.
Abbiamo senza dubbio percorso tanta strada dai giorni della rivoluzione sessuale che ha fatto del piacere femminile una priorità, ma se l’obbiettivo è la parità assoluta, la strada non finisce qui.
Mentre l’approcciarsi al sesso in modo più aperto è un segno di progresso, alcuni hanno emesso riserve sul definire la sessualità in modo neutro, senza considerazioni di genere. La paura principale è che il diritto al piacere venga usato come giustificazione dell’oppressione sessuale delle donne più vulnerabili. Infatti, figure accademiche e attiviste femministe suggeriscono di adottare una definizione che includa il genere per meglio riflettere le dinamiche di dominanza maschile e impedire che il piacere maschile venga vissuto attraverso atti di violenza sessuale sulle donne.
A un livello più individuale e intimo, dobbiamo mantenere attivo il discorso pubblico sul piacere femminile ed esplicitare i nostri bisogni e le nostre attese. Può essere fatto con un gesto semplicissimo, quello di condividere con i nostri partner esattamente cosa funziona o meno per noi; può anche diventare un’azione più articolata come quella di usare i canali digitali per divulgare e dialogare sulle questioni sessuali più rilevanti alle donne di oggi.
Il nostro corpo, il nostro orgasmo? Decostruendo la rappresentazione dell’orgasmo femminile nella sfera eteronormativa.
L’orgasmo femminile: dalla tabù all’ossessione collettiva.
I famosi reports del Dr. Kinsey sono forse il punto di partenza del discorso moderno sulla sessualità moderna. Pubblicati nel 1947 e nel 1953, hanno reso l’intimo pubblico svelando le pratiche degli Americani in termini di sesso e masturbazione. Con Sexual Behavior in the Human Female, frutto di un’inchiesta presso oltre 6000 donne, il fatto che le donne sono esseri sessuali così come lo sono gli uomini entra nel mainstream; si rifiuta anche il concetto che ci siano due tipi di orgasmo, uno clitorideo e l’altro vaginale, e che il primo sia una forma immatura e meno evoluta del secondo.
Da qui all’iconico The Joy of Sex passando per il lavoro di Masters e Johnson, il piacere femminile diventa un pilastro dell’emancipazione sessuale; oggi, l’orgasmo femminile domina il discorso sessuale delle riviste più mainstream.
Le riviste femminili sono indubbiamente protagoniste e colpevoli dell’ingiunzione all’orgasmo. Nel suo articolo “Sexercising to orgasm: Embodied pedagogy and labour in women’s magazines”, Hannah Frith si approccia all’obbligo all’orgasmo dal punto di vista della cultura popolare. In un contesto che pone l’orgasmo come obiettivo assoluto del sesso, le donne che non lo raggiungono durante i rapporti sessuali hanno quindi un “problema”. Là dove efficienza e ottimizzazione diventano la regola, secondo una logica manageriale derivata da un approccio neoliberale alla sfera sessuale, il deficit orgasmico diventa un disfunzionamento da eradicare a tutti i costi.
Il presupposto è l’idea che le donne forti e moderne facciano sesso in modo liberato, audace e esperto, come una performance volta all’orgasmo. La cosa davvero insidiosa è il modo in cui questo modello rafforza dinamiche decisamente patriarcali. In questa concezione della sessualità, le donne dovrebbero sia sviluppare una serie di competenze volte al piacere maschile che acquisire le giuste conoscenze per accedere al piacere loro, il tutto con la massima dedizione e ambizione. Proprio così la dimensione di piacere diventa secondaria mentre l’orgasmo viene definito come inevitabile conclusione dei rapporti sessuali tra donne e uomini. Tra l’altro, come lo sottolinea Frith, i consigli in termini di orgasmo insegnano sempre alle donne a posizionarsi in certi modi sulla sola base del corpo maschile. In un mondo postfeminista, l’obbligo all’orgasmo rafforza l’idea che il corpo delle donne debba essere allenato e quindi controllato.
L’orgasmo femminile come misura di mascolinità.
Mentre in un certo senso si potrebbero difendere le intenzioni delle riviste femminili come volte al benessere sessuale delle donne, la stampa maschile mainstream tratta la questione in maniera decisamente più discutibile. In molti articoli, l’orgasmo femminile diventa una comodità, uno strumento di transazione attraverso il quale raggiungere l’obbiettivo ultimo dell’orgasmo maschile. Ricordiamoci che nel prevedibile scenario eteronormativo, un rapporto sessuale si conclude per forza con l’eiaculazione maschile.
Oltre alla dimensione transazionale, un’articolo di Porter, Douglas e Collumbien sottolinea quanto “l’obbligo all’orgasmo e le disparità orgasmiche [abbiano] costruito un’intendimento del piacere femminile dipendente dall’impegno e dalla competenza maschili – costringendo sia gli uomini a ‘dare’ orgasmi alle donne che le donne a produrre un’orgasmo (vero o finto) in cambio per ricompensare il lavoro dell’uomo e affermare il suo status in quanto amante”.
Nel The Journal of Sex Research, Sara B. Chadwick e Sari M. van Anders hanno condotto uno studio sull’orgasmo come misura di mascolinità. I risultati sono abbastanza prevedibili: “gli uomini [che hanno partecipato all’inchiesta] si sentono più maschili e sviluppano una maggiore autostima sessuale quando immaginano che una donna raggiunge l’orgasmo durante un rapporto con loro”. L’assenza di orgasmo provoca un forte senso di delusione. Gli uomini sono cosi ossessionati dalla loro performance che nella maggior parte dei casi “si rifiuterebbero di provocare un’orgasmo femminile usando un vibratore per via di una serie di preoccupazioni legate alla loro inadeguatezza personale”. Questo studio conferma l’esistenza di una pressione orgasmica in quanto diverse “donne eterosessuali hanno affermato che, mentre apprezzano l’orgasmo, il loro desiderio di raggiungerlo si basa principalmente su preoccupazioni nei confronti dei loro partner maschili e della loro percezione di loro stessi in quanto bravi amanti”.
Riconquistare il piacere oltre all’orgasmo.
E quindi gli orgasmi dovrebbero essere rilegati allo stato di strumenti di dominazione patriarcale che le donne s’infliggono secondo ad una strana logica postfemminista? Assolutamente no. Gli orgasmi rimangono fenomeni abbastanza magici (per usare una terminologia davvero poco accademica) e siamo sempre molto coinvolti nel cercare di chiudere il famoso orgasm gap. Proprio per questo condividiamo informazioni destinate ad offrire un supporto didattico alle donne che vorrebbero capire ed esplorare le dinamiche del proprio orgasmo.
Promuovere il female empowerment significa facilitare l’accesso agli strumenti e alle conoscenze perché le donne possano porsi come protagoniste del loro piacere e diventare soggetti attivi nonostante le rappresentazioni sessuali che dipendono dal loro essere oggetti passivi. Questo implica di riprendere possesso dei loro orgasmi fuori dall’ideale eteronormativo; in poche parole, l’orgasmo femminile non riguarda gli uomini. Quello che stiamo cercando di combattere non è l’orgasmo in sé ovviamente ma il fatto che l’orgasmo possa diventare un’ingiunzione. Meno ci concentriamo sulla corsa all’orgasmo, più possiamo esplorare e sublimare il piacere.
La soluzione è davvero semplice e implica soltanto una piccola mutazione discorsiva: da “orgasmo” a “piacere”. Gli orgasmi sono un’obbiettivo dalla durata di vita limitata; il piacere invece non è strettamente legato ad una temporalità. Il piacere non è un semplice elemento da spuntare su una checklist sessuale. Il piacere e l’orgasmo non sono concetti antagonisti; il secondo è una manifestazione del primo. Inevitabilmente però, la pressione subita dalle donne per raggiungere l’orgasmo diventa un vero e proprio ostacolo al piacere dal momento in cui l’ansia da prestazione prende il passo sul godersi l’esperienza.
Anche fuori dalla sfera eterosessuale, noi donne abbiamo spesso per abitudine di mettere pressione su noi stesse perché i nostri me-time diano il via ad una serie di orgasmi pazzeschi. L’autoerotismo è diventato un’altro veicolo per i valori di ottimizzazione ed efficienza; se alla fine non godiamo, anche più di una volta, ha senso masturbarsi? E così possiamo chiederci: nel focalizzarci così tanto sulla destinazione, non ci stiamo perdendo tutto il bello del viaggio?